Sempre a fronte alta – Prigionieri di una scelta
In attesa di veder tornare i tifosi sui gradoni degli stadi, c’è qualcosa che, in particolare, suscita curiosità e perplessità. Di ciò, i diretti interessati, hanno chiesto spiegazioni e modifiche.
Nell’italico stivalone, accade infatti che, nonostante il divieto di accesso a tutti gli impianti sportivi per i risaputi problemi epidemiologici, tutti coloro che sono gravati dal cosidetto DASPO, sono comunque costretti a non stazionare nelle vicinanze degli stessi ed a continuare ad apporre la firma, o comunque a recarsi, presso gli uffici delle forze dell’ordine, ogni qualvolta sia in programma una partita.
Pur eventualmente comprendendo le ragioni sanzionatorie che avranno di certo portato a questo genere di restrizione personale, sorge spontanea la domanda: ma allora che c’entra applicarla in questo determinato periodo di emergenza sanitaria, considerato che comunque all’interno degli stadi non è ammesso nessuno? Finache il sempre più diffuso divieto di assembramento per le già citate ragioni riconducibili ai rischi del Covid, impediscono lo stazionare comunque fuori dagli impianti, quindi…cui prodest tale osservanza del Daspo?
I “daspati”, dando fiato alle loro ragioni, ribadiscono quindi che essendo quello dell’obbligo di firma, una sanzione accessoria rispetto magari alla condanna ricevuta per presunti episodi di condotta non regolamentare, durante il corso di un’evento sportivo, è eccessivo applicarla pure se lo stadio è per ora off-limits?
Immaginatevi, voi, il rispetto di quest’obbligo in maniera pedissequa ogni domenica o durante la settimana (nel caso di dispute previste dal calendario sportivo, frammentate in vari giorni), assicurando il proprio controllo in fascie orarie differenti (inizio e fine partita).
Per certi versi, questo ragionamento non fa una grinza…
Gli ordini giudicanti governativi, ribattono con altrettanta veemenza su temi opposti, quali ad esempio quelli che fanno riferimento al fatto che se una sanzione viene irrorata, resta tale anche in assenza della possibilità di reiterazione del reato, essendo comunque riferita ad un fatto accaduto in precedenza… In parole povere, il controllo e le restrizioni personali a carico del “diffidato” vanno applicate comunque, perché sono una sanzione da scontare che non può essere considerata un’aggravante perché le partite si disputano a porte chiuse, perché comunque il colpevole non sarebbe potuto essere presente.
Anche questo ragionamento non è poi strampalato, sostengono gli altri…
Insomma una scontro tra due tesi opposte che non sembra avere fine ed ancora una volta contrappone lo Stato ai tifosi, in un clima sempre più cupo e distante da una ipotetica tregua almeno lessicale tra i contendenti.
Chi lo sa se alla ripresa di una vita, si spera normale su tutti i fronti, ivi compresi quelli sportivi e calcistici, tutto si chiarisca.
Certo è che, per ora, è dura per tutti i veri tifosi (per gli sportivi da poltrona non è invece cambiato niente), seguire la propria squadra, bene che vada, solo davanti la Tv, indipendentemente da una firma sul registro o sul quaderno del professore, senza che ci sia di mezzo una condanna o una repressione.
E questo, vale, tanto per gli ultras, quanto per quelle intere famiglie che, per tradizione, non hanno mai smesso di coltivare una passione, alimentare una fede, semplicemente, siedendo su dei gradoni di cemento, in qualsiasi giorno della settimana, pur se piove o se devi sfidare il solleone.
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