Sempre a fronte alta – Ultras chi?…

Rubrica di Paolo Rizzo

A distanza di quasi un mese da quel triste giorno, a tenere banco sulle notizie di cronaca nera, sono i fattacci di Milano che hanno narrato di uno scontro abbastanza violento tra ultras interisti ( con componenti di varese e marsiglia) e ultras napoletani. La morte di un ragazzo di trentacinque anni ha focalizzato l’attenzione di tutti quanti, non ultimi i politici che aspettano gli schermi a colori per potere emergere da quello squallido panorama in bianco e nero della nostra politica.

Tanto è stato scritto e raccontato su cosa è accaduto e naturalmente alte in cielo si sono levate le grida di condanna e di repressione verso queste forme di incivile esplosione di violenza ad orolegeria e programmata con il telecomando. Ognuno ha voluto dire e scrivere la sua, ma non sempre con razionalità e con la misurata oculatezza che deve contraddistinguere chi innanzitutto deve analizzare prima ancora che sentenziare.

La deriva del tifo ultras italiano è già cominciata da qualche anno e talune soluzioni repressive hanno ancor di più esasperato gli animi di chi, proprio con gli ultras, ha poco a che spartire e forse cerca una via di fuga per la propria repressione, all’obra delle folle di genti numerose e vocianti. Non è la prima volta che in pochi si mascherano da semplici spettatori per poi colpire nell’ombra sicuri dell’impunità beneficiata dalla massa che li circonda. Qualcuno dice che in Italia ci siano circa 6000 ultras delinquenti da eliminare e da reprimere per il bene del calcio e della stessa società italiana che del calcio ne subisce le conseguenze.

A tale analisi numerica e sociologica è giusto che si contrapponga una opinione diversa senza che questo significhi volere sdrammatizzare o minimizzare quello che è sotto gli occhi di tutti e cioè che né la politica, né i tutori dell’ordine, oggi sono in grado di garantire e cioè quell’ordine pubblico che sfugge al controllo tanto nelle piazze, quanto negli stadi, tanto nelle strade quanto nelle scuole.

Una società malata che soffre e che vive in apnea vede e subisce forme estreme di violenza e di intolleranza che si contrappongono a quei timidi messaggi di pace e di bontà rimasti tra le dita di anime che sfuggono a questa patetica realtà.

L’incertezza della pena, il garantismo oltre misura, la ricerca ad ogni costo di ragionevoli dubbi e di misere comprensioni, hanno generato stille di insofferenza negli animi più propensi a delinquere, che si fanno ragione a colpi di pietre, bastoni, spranghe, pistole, coltelli e bomboni.

Pensare che questo accada solo in ambito sportivo è sbagliato, forse sensazionalistico, ma ci porta fuori strada, proprio perché questi schizzi di rabbia furibonda si manifestano anche quando viene bruciato un barbone, quando viene violentata una bimba, quando viene trucidata una famiglia, quando viene impiccato finanche un cane o accoltellato un cavallo.

Eppure aldilà dello sdegno del momento, ci si guarda bene dall’inasprire le pene o dall’azionare forme di repressione più dura…quelle sono pensate e studiate solo per lo sport o per le manifestazioni di protesta in genere.

Qualcuno ancora oggi dice che uno stadio piuttosto che una piazza siano zone franche dove i più violenti possono agire indisturbati senza che vengano punite le forme di azioni violente ed incivili che in essi si compiono….ma a voler ragionare a mente fredda, non è poi tanto sbagliato pensare che pian piano la situazione si è estremamente capovolta e cioè che siano il resto dei territori ad essere soggiogati da forme di violenza e di impunità che proprio negli stadi vengono puniti in forma repressiva e persecutoria ancor prima che accadano…

Oggi negli stadi si è verificata una limitazione di libertà di pensiero e di parola che non aveva precedenti (non si spiegherebbe altrimenti il divieto di intonare cori o di esporre striscioni senza che intervenga un daspo), i tifosi sono tutti pressocchè schedati e fotografati ancorchè accada qualcosa o inizi una partita, i tifosi non sono più liberi di muoversi dal posto loro venduto senza incorrere in multe e sanzioni, i tifosi sono soggetti al codice di gradimento delle società, ai tifosi viene imposto come spostarsi in trasferta ed in che orari farlo….l’elenco sarebbe ancora lungo ma non occorre dilungarsi.

A fronte di ciò, in assenza della commissione di un reato quindi, perché gli anzidetti provvedimenti sono tutti preventivi, facciamo un paragone con quello che accade in giro per le strade della nostra Italia.

Che forse a qualcuno che non sia un tifoso viene impedito di muoversi, manifestare o pensare in ciò che crede? Ma c’è di più…. queste limitazioni di spazio, parola e pensiero non accadono neanche in presenza di reati già commessi o in itinere…mentre negli stadi…la formula adottata è quella del prevenire è meglio del curare.

Aldilà di questa opinabile opinione, la riflessione che deve ancor più far ragionare è anche un’altra. Perchè mischiare le carte? Perchè attaccare migliaia di tifosi ultras per passione e per amore e mischiarli a dei gruppi delinquenziali che sono già macchiati e marchiati per altri reati ben più gravi che nulla hanno a che vedere con la frequentazione allo stadio? Perchè tali forme di repressione vengono attuate con tanta insistenza sulla folla plaudente anzicchè sul singolo individuo o sui gruppi di persone che trovano rifugio tanto negli stadi quanto nei palazzi? Perchè accanirsi con decisioni incostituzionali e persecutorie ai danni dei tifosi soltanto perché si riuniscono dietro uno striscione e pensano al ritmo di un tamburo che suona? Perchè per reprimere i pochi, si associano ad essi le centinaia di tifosi che li circondano senza neanche sapere la loro propensione a delinquere? Perchè un daspo è per sempre ed una rapina è per meno?

A chi danno fastidio le cooreografie di luci e colori all’interno degli impianti? A chi può nuocere un ululato razzista quando in parlamento ci si scorna su leggi e limitazioni razziali che lasciano in balia degli oceano uomini, donne, vecchi e bambini?

Chi guarda la tv osserva schiere di politici che si sbracciano, si offendono e si picchiano sui banchi del Parlamento senza che ne subiscano alcuna conseguenza eppure se due tifosi si affrontano c’è una legge che li punisce…Che siano figli di una Italia diversa o di una democrazia differente?

Qua non si sta a discutere o ad assolvere chi accoltella o chi spranga il suo prossimoanzi ben vengano azioni repressive e punitive esemplaribensì ci si sta a chiedere perché si agisce in differenti maniere secondo l’ambito e la rilevanza di ciò che accade.

Gli stadi sono nati pere essere riempiti e per essere animati da cori, bandiere, striscioni e fiaccole di libertà e speranza nel rispetto dell’amore verso una maglia ed una passione fatta tanto di gioie quanto di delusioni. Oggi questo non c’è più e ci si affretta a zittire le grida e le manifestazioni di protesta o di giubilo soltanto in ragione di una stereopatizzazione che sbianca le maglie e riduce gli uomini, annullandone le idee.

Il disprezzo che viene nutrito verso gli ultras non trova giustificazioni in nulla, ed è ancora più grave classificare una passione ed un amore verso il rimbalzo di un pallone come un’azione criminale con attinenza a delinquere, dimenticando che propri questi stessi ultras sono stati quelli a correre in soccorso dei terremotati, come degli ammalati o degli immigrati.

Certo è facile individuare negli ultras il male assoluto di questi anni bui della nostra nazione, ma è consuetidine distrarre le masse dalla proprie gravi responsabilità ed incapacità.

Gli ultras che noi conosciamo sono quelli che non dormono per organizzare una cooregrafia, che non dormono per seguire la propria squadra, che non mangiano per comprare il biglietto dello stadio, che nascono sognando una maglia ed un pallone e muoiono aggrappati ad una fede e ad una speranza di un sogno che fu…….gli altri non li conosciamo e per favore…

non chiamateli più ultras….

 

Paolo Rizzo

 

 

 

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